giovedì 22 aprile 2010

STIRPE MALEDETTA - FRANCESCA DI LIBERTO (21)

Oscuro sarà il giorno, poiché non più giorno sarà.
Lucente sarà la notte, poiché non più notte sarà.
Che rintocchino per te le tre campane, mortale, affinché cuore e corpo siano avvolti
Da un abbraccio eterno e fatale.
Sia reciso il filo che a questa vita di legava, mortale.
E si levi nel silenzio l’urlo maledetto, che appaia la creatura bianca che fu maledetta dalle tre.
Essa ti strapperà il respiro e ti condurrà nel regno dell’oscuro padre e dell’oblio.

Infine era successo, il silenzio l’aveva reclamata e accolta. Non soffriva più. E questo era un sollievo senza pari.
Un sollievo che non durò allungo.
La pace e il sollievo per chi lasciava questo mondo duravano assai poco, quel tanto che bastava a ucciderti una seconda volta e annullarti nell’oscurità più fitta.
Il trapasso era solo un viaggio o meglio… una caduta.
E nella caduta percepivi ancora tutto quanto, la tua anima viveva ancora e percepiva ogni cosa.
Freddo il corpo e freddo il cuore. Ma lei c’era ancora.
Proprio quando si era ormai rassegnata all’oscurità la luce l’accolse accecandola.
Percepì mani e voci, sguardi e suoni. C’era un mondo intorno a lei, ma lei non riusciva a parlare. Li vedeva ma la voce non usciva.
“Che sia condotta ai campi, spiegatele ogni cosa.” Vedeva il volto di tutti tranne quello della voce che stava parlando, e questo la rendeva triste, perché quella voce era calda e profonda. Le ricordava tanto un abbraccio.
Si sentì sollevare e portare altrove, il sonno la colse e ritornò nel silenzio.
Quando riaprì gli occhi si ritrovò in un campo, c’era la luna in cielo ma illuminava tutto come se fosse giorno,anche se il cielo era nero. Si alzò a sedere confusa e intontita. “Sei sveglia.” La giovane spostò lo sguardo verso la voce. “Hai tante domande lo so. Ma non riceverai risposta. Posso solo dirti che questo non è il mondo dei vivi.” La giovane sospirò, distolse lo sguardo. “Non volevi risvegliarti, hanno dovuto mandar me… non si fa cosi, sai? Perché non parli?” Colui che le stava parlando era un uomo, non aveva la voce calda come quella che aveva sentito ma era rassicurante, era un bel giovane dalla pelle olivastra e gli occhi verdi, i capelli neri. “Oh è vero, sei un anima ora… non puoi parlare. Ma aspetta… posso fare qualcosa per te.” L’uomo le si avvicinò e sfiorò le sue labbra con le proprie in un bacio casto, nonostante ciò lei percepì calore e il suo corpo sussultò. “Hai vissuto rettamente ti è stato concesso di mantenere una forma… umana. La parola è un mio dono, sappilo usare con intelligenza.” Provò a muovere le labbra ed esse si mossero, ma aveva paura, tutto ciò che le usci dalle labbra fu un suono strozzato, ma pur sempre un suono. “Hai visto? Puoi parlare…quindi parla e smettila di farmi parlare da solo, mi annoia.” La ragazza inspirò affondo e provò ancora… “Kayla.” Il suono uscì dalle sue labbra puro e melodioso, se ne vergognò e coprì le labbra con la mano. “Ricordi il tuo nome, è un gran passo avanti.” Sorrise l’uomo, allungò una mano verso quella di lei e la tolse dalla bocca. “E non vergognarti, qui nessuno ti giudica.” Le sorrise e lei ricambiò il sorriso. “Qui siete tutti uguali, non c’è differenza nella morte e forse questa è l’unica cosa giusta che vi è concessa.” L’uomo si alzò in piedi e lei corrugò la fronte. ”…Cosa sei, tu? Non hai un nome?” “Fenlun, sono un guardiano. Provvedo affinchè nessun’anima lasci questo luogo, guido coloro che giungono.” Kayla accennò ad una risatina “Sei una sorta di libro-guida del regno dei morti?” Fenlun annuì. “Sono sempre qui, chiama il mio nome se vuoi che venga da te. La morte dopo tutto non è una condanna è solo un viaggio verso qualcos’altro, una sosta prima di ricominciare.” Non attese che la giovane dicesse qualcosa, svanì nel nulla lasciando Kayla da sola.
Anche in quel luogo i giorni passavano, anche se il sole e quello che doveva essere il giorno era oscuro e senza luce, quel luogo era strano ed era particolare.
Kayla passò il suo tempo a gironzolare per quei campi e quei boschi, ad esplorare quel luogo che in qualche modo conosceva o per lo meno sentiva di conoscere. I suoi piedi la guidavano, la sua mente ricordava quel posto.
Quella non esistenza scorreva in quel modo, in solitudine e in attesa di un qualcosa che neanche lei riusciva a capire.
Vi era pace per lei in quella solitudine e la sua vita passata, la sua vita terrena svanì con il tempo, era lontana e lei non voleva più ricordarla.
Ciò che Kayla non sapeva e che quel regno non era poi cosi pacifico come appariva.
Non aveva più cercato Fenlun dal giorno in cui era arrivata, preferiva girovagare da sola spingendosi quanto più in la potesse. La voglia di conoscere e capire quel luogo era tanta, forse troppo.
Giunse ad un laghetto le cui acque erano nere come la notte, ancor più incuriosita si avvicinò alle sue sponde e allungò una mano per sfiorarne le acque.
Fu un gesto fatale il suo, nel momento stesso in cui le dita sfiorarono la superficie bianche mani cercarono di afferrarla, lei lanciò un urlo e cadde all’indietro, cerco di muoversi ma qualcosa la bloccava, alzò lo sguardo e vide un essere incorporeo dagli occhi rossi che affondava le sue dita nel proprio petto, la voce le mancò si sentì letteralmente risucchiare, era sempre più debole e aveva paura, tanta paura.
Era come morire in un certo senso ed era peggio, perché sentiva che stava per scomparire.
E questo non lo voleva.
Mosse le labbra più e più volte, pregando che uscisse un suono, che la sua voce lo chiamasse.
L’essere troneggiava su di lei e ormai aveva vinto, lei era debole, anche troppo.
“Fenlun…” Alla fine ci riuscì ma era troppo tardi, sentiva le palpebre pesanti e il sonno richiamarla… era come morire, di nuovo.
Ma una luce rischiarò quel luogo, una voce la richiamò e il peso opprimente sul suo petto scomparve.
“Kayla… dannazione! Kayla apri gli occhi!” Fenlun l’aveva salvata, aveva scacciato via quell’essere e ora la teneva fra le braccia.
Lei riaprì gli occhi e gli sorrise, ma non riusciva a parlare, non riusciva a muovere un muscolo di quel corpo.
“Non puoi andartene… Non lo posso permettere.” Fenlun la rimise per terra, sfilò un pugnale dalla cintola e si ferì al petto.
Quello che Kayla vide fu terricante e meraviglioso allo stesso tempo, il guardiano tagliò a metà il suo cuore, si avvicinò a lei, alla ferita che quell’essere le aveva procurato al petto e lasciò cadere quel frammento di cuore nel suo petto.
Qualche momento dopo sentiva che una forza senza pari si impadroniva di lei, che l’avvolgeva e la faceva sentire forte, viva.
La giovane si alzò a sedere fissando il guardiano. “Cosa… cosa hai fatto, Fenlun?” L’uomo appoggiò la schiena contro il tronco dell’albero, il petto ancora sanguinante ma la ferita si stava rimarginando. “Ti ho dato una seconda possibilità… ti ho donato parte del mio cuore affinchè tu non scompaia. E ti posso assicurare che saresti scomparsa… quell’essere ti aveva mangiato il cuore.” La ragazza sfiorò il petto con la mano, non c’era più nessuna ferita.”Ma cos’era?” “Una creatura degli inferi, un anima deviata… fra gli inferi e questo luogo vi è una sola barriera, una barriera che ogni tanto cede e permette a questi esseri di passare. Voi anime siete l’unico modo che hanno per non scomparire, la vostra essenza da loro forza, da loro modo di tornare nel mondo dei vivi. Noi guardiani dobbiamo impedirlo. Per questo sono stato assegnato a te.” La ragazza l’ascoltò in silenzio e alla fine annuì. “Si cibano dell’energia spirituale.” Esatto. E tu nella tua vita ne hai accomulata tanta.” Sorrise. “Ero una sacerdotessa…” L’uomo inspirò affondo. “Ancora peggio allora, sono le loro prede preferite. Sta lontana dai luoghi di confine, Kayla. Niente laghi, niente fiumi. Niente sentieri o buche. Sta in mezzo alla foresta, fra gli alberi, nei prati… la non arriveranno.” Si alzò in piedi, il volto tirato e pallido, la veste sporca del proprio sangue. “Fenlun… sei ferito! Posso far qualcosa? Non puoi andare in giro cosi!” L’uomo la guardò allungo e poi scosse il capo. “…No, Kayla…lasciami andare. La ferita guarirà da sola. Ma ti ringrazio.” Era parecchio strano il guardiano, come se adesso temesse la presenza della ragazza. Scomparve pochi istanti dopo, come aveva fatto la prima volta.
Kayla con il passare dei giorni riprese le forze ma sentiva che qualcosa in lei era cambiato. Non poteva vederlo perché non vi erano specchi in quel luogo.
Fenlun era scomparso, l’aveva chiamato più e più volte ma lui non aveva mai risposto.
Almeno fino alla sesta notte dall’aggressione. “Fenlun?” La ragazza lo guardò stupita e allo stesso tempo felice di vederlo. “Come stai? E’ tanto che ti cerco.” Fenlun l’osservò, il volto sfigurato in una smorfia di puro dolore. “Fenlun?” No, il guardiano la fissava ma non parlava, non diceva nulla, si inginocchiò di fronte a lei e le sfiorò la guancia con la mano. “Come temevo… sei cambiata.” “Cosa?” “Guarda il tuo volto, Kayla.” Tirò fuori il suo pugnale e glielo porse, la giovane si specchiò nella lama e per poco non urlò. I suoi capelli erano diventati bianchi, gli occhi grigi e i denti aguzzi. “Sei una creatura degli inferi ed è colpa mia.” La voce dell’uomo era densa d’amarezza, la giovane gettò via il pugnale e cercò di prendergli il volto fra le mani “Non è colpa tua, Fenlun, tu mi hai salvata! Sarei morta senza di te…” Fenlun la guardò negli occhi e lei si sentì come svuotata. “Devo andarmene.” “Perché?Rimani.” Scosse il capo. “Se solo oso rimanere… no, farei l’errore più grande della mia vita. Ti condannerei… ci condannerei.” “A cosa?” “Non senti nulla, Kayla? Non senti che qualcosa ci lega adesso? Che senza di me non puoi più esistere?” La ragazza lo guardò, non era riuscita a dar un nome alle sensazioni che aveva provato in quei giorni, ma ora… ora che Fenlun ne aveva parlato, lo sapeva. Provava amore per quell’essere. “I nostri cuori si sono fusi, siamo legati per sempre, Kayla… pensavo di poter resistere, ma non ne sono capace.” “Resta Fenlun, te ne prego. Non m’importa di nulla, resta.” Lei era umana, un anima umana e per quanto lui l’avesse cambiata la cociuttagine della sua razza era ancora in lei. E fu cosi che Fenlun le cedette. Il loro legame era troppo forte e ora lui era diventato troppo debole.
Quella notte si amarono, come un uomo e una donna. Si unirono e provarono una gioia e una completezza senza pari. Erano una cosa sola.
Ma i sogni non durano mai più di una notte e la realtà al mattino li reclamò.
“Fenlun, guardiano ti ordino di alzarti.” L’uomo aprì gli occhi e poco dopo anche lei li riaprì. Era di nuovo quella voce calda e meravigliosa che li aveva svegliati. “Mio… mio signore…” Il volto di Fenlun era cireneo ma nonostante ciò si mise a difesa di Kayla, spingendola dietro di se. “Mio signore… non punitela. E’ colpa mia, non ho seguito le regole.” L’uomo che risplendeva come il sole del mattino brandiva una spada e li guardava. Kayla si alzò in piedi e si mise fra loro. “No! Anche io ho sbagliato, dovete punire anche me.” L’essere la fissò con attenzione, spalancò gli occhi. “Non solo le hai dato il tuo cuore per tenerla in vita… ma in essa vi è anche la vita, Fenlun! Una femmina gravida!” I due si guardarono stupiti… com’era possibile… era successo una volta sola… quale tiro mancino il destino aveva giocato loro?
L’essere che troneggiava su di loro per la sua mole affondò la spada nel terreno. “Non posso uccidere una vita cosi pura. Ma ciò non vi salva dalla condanna che subirete. Avete infranto le regole… non vi è amore in questo luogo fra le creature e voi due non dovevate.” Mosse la mano destra e apparve uno specchio nero, ovale fatto d’ossa. “Fenlun… sei un essere immortale, non puoi morire. Le leggi sono queste e non le cambierò…ma dormirai ed espierai cosi il tuo peccato. Non vedrai il volto della tua creatura e non ci sarà più nessun mondo per te.” Una volta che l’essere ebbe terminato di parlare Fenlun cadde preda di un sonno improvviso, Kayla tentò di svegliarlo, ma non le rispondeva. “In quanto a te, mortale… sia maledetta la tua progenie e sia maledetta la tua anima. Vagherai per la terra per l’eternità, ti sarà proibito d’incarnarti e la tua unica compagna sarà la morte. Da oggi mi apparterrai per sempre e porterai a me le anime di coloro che il mondo hanno lasciato. Sarai custode di questo specchio se mancherai al tuo impegno o fuggirai lo specchio distruggerà il mondo. Tu e la tua progenie lo custodirete e veglierete sul passaggio.” Una forza sconosciuta e potente la scaraventò nello specchio portandola via da quel mondo di luce in cui era vissuta.
Da allora ella vaga per il mondo, urlando e piangendo i suoi morti, non vi è pace e non vi è tregua per lo spirito che ha sfidato la morte recando in se la vita.

Nessun commento:

Posta un commento