domenica 11 aprile 2010

ORSO POLARE - RABIYE SAHIN (28)

Nath viveva a Ittoqqortoormii, una piccola comunità di 537 abitanti situata nel punto più orientale della Groenlandia. Situato vicino il Parco nazionale. Conduceva una vita apparentemente normale e piatta finché un giorno attraverso un lungo e doloroso processo di mutazione scoprì di essere un orso polare. Lui non seppe mai che era nato dall’unione fra un orso maschio e una donna umana. Anche se non fu proprio un unione desiderata da entrambe le parti. Il maschio polare in cerca di una femmina durante il periodo di accoppiamento scorse una fanciulla umana e, dettato dalla disperazione, non poté fare a meno di farla sua.
Avrebbe certamente preferito una della sua stessa razza, ma le femmine oltre ad essere in minoranza, l’avevano rifiutato preferendo altri corteggiatori.
E da questo accoppiamento nacque questo ibrido di ragazzo: un mutante.
Non disse a nessuno di quello che era divenuto. Cercava di nasconderlo, per paura che gli abitanti del villaggio credessero che fosse il male, dato che non era già visto di buon occhio.
Purtroppo però, durante un rapporto sessuale con la sua ragazza, -che era la prima ma fu anche l’ultima volta- che avvenne dopo il cambiamento, lui scoprì, a sue spese, di non poter evitare la trasformazione al momento culminante poiché non riusciva più a distinguere la linea che separava i due esseri.
Nel momento più estasiante, il sipario calava e avveniva la mutazione.
Cambiò forma in pochi attimi e si ritrovò sul corpo della giovane, sul viso di lei si poteva leggere terrore e incredulità. Il problema più grande fu che il suo segreto venne svelato a tutto il paese e lui dovette fuggire nelle fredde zone del Nord, con la speranza di trovare una compagna con cui instaurare un rapporto d’amicizia, e perché no, tramutarsi un giorno in qualcosa di più, come …l’amore. Sentimento che non gli era stato donato ma che lui tanto desiderava saggiare. Era un arduo cammino il suo. Non si era mai sentito ne visto di un orso polare vivere in coppia, se non per quel breve periodo riservato agli accoppiamenti, e nel caso delle femmine madri che accudivano i piccoli fino raggiungere all’incirca i tre anni d’età.
A quel punto le loro strade si separavano diventando rispettivamente rivali.
Il suo era un sogno impossibile, irrealizzabile.
Nath aveva sedici anni quando si trasformò la prima volta, e di solito gli orsi insegnano al prole appena nato come sopravvivere, come comportarsi nelle varie situazioni, come cacciare, insomma, mostrano tutto quello che sanno e hanno imparato in tutti quegli anni d’esperienza. Lui invece era solo, non aveva nessuno a cui poter fare appiglio per imparare la dura vita e il linguaggio degli orsi. Sua madre, quasi sempre lo evitava, come fosse una malattia. Mai gli disse di chi era figlio. Alle volte lui domandava di suo padre, ma la donna non rispondeva, si alzava e se ne andava via. Finché morì prima che lui scoprisse la sua vera natura.
Con questi pensieri camminava, trascinando con se una piccola foca che aveva catturato con metodi umani, dato che non era ancora esperto come orso. Si dirigeva verso un luogo più appartato per potersi trasformare e mangiarla in santa pace.
Indossava un paio di pantaloni e una giacca in pelle tagliata e cucita a mano da lui, e a tracolla portava una borsa abbastanza grande da poterci infilare gli indumenti quando era in forma animale. Quella pelle pelosa era appartenuta ad un orso con cui aveva combattuto circa un anno addietro per la conquista di una preda. Nath stava morendo di fame e non sapendo come doveva comportarsi con l’orso che stava usufruendo della sua caccia, si avvicinò furtivo e quando il proprietario del bottino lo assalì, perché non voleva condividere il suo pasto, cominciò la lotta che terminò con la morte di quest’ultimo. Una cosa era sicuro, la sua pelle teneva caldo.
Intanto a meno di un chilometro di distanza da lui..
“Perché mi sveglia? Cosa vuole?”
La madre cercava di destare la piccola Fean da quel sonno innaturale, dovuto alla fame e al freddo che ormai la stava portando verso la morte.
“Voglio solo dormire” pensava la giovane.
La madre, che ormai aveva raggiunto i dici anni, emetteva dei versi di dolore cercando di avvertire la figlia, che non voleva saperne di alzarsi.
Quasi tre anni fa mamma orsa aveva perso il fratellino di Fean per la stessa causa, ora quella condizione le stava strappando via la figlia portandole via la vita e l’unico amore rimasto. Rammentò per un istante il corpo senza vita del figlio e l’invano attesa, con la speranza, che si risollevasse, ma non lo fece. Non aprì mai più quei piccoli dolci occhi vivaci.
Kaden non avrebbe potuto sopportare la perdita di un altro cucciolo. Anche se in realtà Fean, stava raggiungendo quasi la maturità, avrebbe già da tempo dovuto separasi dalla madre ma non lo fece, un forte legame li univa, più profondo della competizione, accettando anche la conseguenza di quell’vincolo.
L’arrivo del tardo gelo dell’oceano e la fatica di trovare cibo avevano causato loro dei grandi problemi. Era quasi un mese che non riuscivano più a mangiare.
Mamma orsa era ancora intenta a cercare di alzarla picchiettando il muso sul volto della figlia, quando sentì dei passi a due zampe avvicinarsi verso di loro.
Lei si voltò pronta per qualunque evenienza, soprattutto all’attacco. Davanti a lei apparve un ragazzo di diciotto anni. Indossava un giaccone di pelle d’orso, cucita alla buona. Nella mano sinistra teneva una foca di cucciolo dalla coda, era morta.
Kaden, alla vista di due prede così succulente non resistette e si avvicinò lentamente al giovane che la stava fissando senza perderla d’occhio. L’orsa senza paura, condotta dalla fame e dall’istinto di sopravvivenza si predispose per gettarsi contro l’umano sperando che scappasse l’asciando la foca. Non aveva le forze per tenere un combattimento degno di lei, ma ci avrebbe provato comunque. Quando si chinò per saltare addosso al diciottenne, quello con sguardo di sfida sbraitò. Un verso potente di superiorità uscì dalla sua gola.
La mamma di Fean si bloccò, ma non era per niente intenta a mollare Nath. Ma quando osservò quello che stava avvenendo davanti ai suoi occhi non riuscì a crederci, rimase sconcertata. Il ragazzo lasciò la presa dalla coda della foca e rapidamente sfilò la giacca e i pantaloni. Rimase completamente nudo in quel freddo Artico.
Diversi fremiti lo pervasero e con un altro urlo si accasciò per terra, pareva soffrire intensamente. Kaden avrebbe potuto usufruire di quel momento per attaccare, ma non lo fece. Non le venne in mente e soprattutto non riusciva a levare lo sguardo da quella visione. L’uomo cominciò ad aumentare di dimensione mentre la pelle si lacerava in molti punti, che vennero coperti con nuova pelle di un colore nero dal quale, rapidamente cominciarono a crescere dei peli bianchi. L’urlo si trasformò in un lamento tipico di un animale. La femmina pareva sbigottita, incredula da quello che aveva visto con i propri occhi. Un orso polare maschio dalle dimensioni simili alle sue si parava di fronte a lei. Kaden aveva perso la sua unica possibilità di assalirlo senza dover combattere. Ora che si era ripresa dal mutamento di quell’essere sconosciuto, il suo sguardo cadde sulla foca che distava all’incirca un metro dal proprietario e cinque da lei.
Si avvicinò lentamente, guardando la preda morta. Lui emise un brontolio con voce minacciosa. La stava avvertendo che l’avrebbe attaccato se si fosse avvicinata ulteriormente. Ma dettata dalla fame fece un altro passo, e un altro ancora... Se lui non avesse condiviso il pasto con loro, sarebbero morte entrambe, e piuttosto che morire di fame preferì morire cercando di conquistare un pezzo di carne che le sfamasse. Quando le sembrava di essersi avvicinata alla foca, si senti spingere via. In un istante cadde per terra ritrovandosi addosso il maschio. Lei gli diede una zampata in faccia che lui prese in pieno. La femmina portò in fretta le zampe anteriori sotto il corpo di Nath e caricandole cercò di spingerlo via, colpendolo in petto. Ci riuscì. Era una abile guerriera. Aveva duellato con alcuni maschi quando era più giovane, con la differenza che allora era in buona forma e non affamata come adesso.
Rapidamente si levò in piedi su due zampe, e lui fece lo stesso. Si guardarono negli occhi ed entrambi attesero. Aspettarono che uno facesse la prima mossa, ma lei era sfinita e non resistette più a stare in quella posizione così decise di riappoggiare le zampe anteriori. Quello fu il suo più grande errore. Proprio in quel frangente che, la sua possibilità di agire era pari a zero, lui sferrò l’attacco. L’assalì al collo tenendola ben salda con le zampe. Dal dolore Kaden si accasciò per terra, cercò di agitare le zampe posteriori con la speranza di colpirlo ma lui era fuori portata e non sembrava intenzionato a lasciare la presa. Sembrava intento a strapparle la carne, quando si sentì mordere a sua volta sul dorso. Dalla sorpresa e dal dolore che lo afflisse non poté far a meno di mollare la presa. Voltò il muso verso quell’ente che gli aveva fatto provare quell’orrenda sensazione e si accorse che era un altro orso bianco, più piccolo. Era venuta in soccorso della femmina. Fean infatti, si era scagliata su di Nath con tutte le energie rimaste in corpo per salvare la sua premurosa mamma. La piccola doveva aver all’incirca cinque anni di vita, anche se viveva ancora con la madre.
Il maschio con la zampa anteriore destra provò a graffiarla ma poteva solo spostare l’aria che a sua volta faceva ondeggiare il pelo arruffato di lei.
Provò a sgattaiolare dalla sua morsa in più modi ma la piccola aveva imparato bene l’arte della lotta dalla sua insegnante. Era una buon erede, i suoi geni erano adatti per la competizione. L’uomo orso infine cedette e guaì in modo da far capire alla femmina che aveva vinto e poteva usufruire del suo pasto. Lei rimase ancora lì, non lo lasciò andare finché il maschio non proclamò la sua sconfitta per la seconda volta.
Si scostò da lui e si diresse a leccare la ferita della madre, che non pareva grave. Anche Nath provò a leccarsi, ma quella femmina l’aveva morso in un punto tale che gli era difficile raggiungere. La ferita gli pulsava… se solo fosse riuscito a leccarsi…
Pensò persino di tornare nella forma umana, ma non avrebbe di certo migliorato la situazione, anzi l’avrebbe solo peggiorata.
Ancora intento a provare l’impossibile si accorse che la sua degna avversaria lo stava fissando. Il ragazzo si domandava come fosse riuscita a levarsi in piedi dopo che si era data per morta sicura. Doveva voler tanto bene alla madre, più della sua stessa vita. Fean si spostò verso di lui che cercò di rialzarsi allarmato. Non capiva perché volesse ancora combattere, anche dopo aver ottenuto quello che volevano. Non era per niente pronto per un nuovo attacco, ma era quello che cercò di far vedere.
L’orsa chinò il capo in segno di tregua, e la dondolò per un paio di volte disegnando con i movimenti un otto. Segnava che era venuta in pace, dunque lui si lasciò ricadere sulla neve morbida. Era iniziata una tempesta.
Fean, si avvicinò all’orso che in età umana aveva diciotto anni, ma da mammifero a quatto zampe ne mostrava cinque. In pratica doveva aver raggiunto la maturità sessuale.
Avvicinò il muso sulla ferita e dopo averla annusata, cominciò a leccargliela. Lui chiuse gli occhi e assaporò quel momento di puro piacere che provava nel farsi lambire il morso. Il dolore pareva svanire con il tocco della sua ruvida lingua. Quando finì, lei si diresse verso la foca che era in fase di congelamento. Trascinandola l’accostò alla madre che levandosi a quattro zampe a fatica, cominciò a sbranare l’animale, insieme alla figlia. Riuscirono a riacquistare un po’ d’energia, di certo non erano sazie, ma era sufficiente per farle sopravvivere il tempo necessario per trovare e cacciare una preda.
Per ridurre la superficie di esposizione alle intemperie andarono a sdraiarsi, riparandosi dietro un cumulo di neve a qualche metro di distanza dalla foca sbranata, dove l’orso maschio si era avvicinato per nutrirsi del razione che gli spettava.
Di tanto in tanto mentre mangiava, fissava le due femmine. Chissà se l’avrebbero accettato nel loro branco. Finito di nutrirsi si avvicinò e si accasciò di fianco a Faen.
Appoggiando la guancia sulle zampe anteriori che aveva allungato davanti a se, la fissò. Lei ricambiò lo sguardo. Quelli di lui si fecero dolci e intensi. Lei non gli tolse gli occhi di dosso fin quando, con una zampata, gli picchio sul muso giocando. Lui levò le orecchie per la sorpresa e per l’attenzione che lei gli aveva dimostrato. Questo pareva un buon segno.
Quando la tempesta finì, le due femmine si levarono in piedi. Kaun, cominciò ad avanzare con passi pigri. La piccola, nel percepire dopo alcuni passi che lui non si era ancora alzato, si voltò e lo chiamò emettendo un suono lungo e profondo, poi mosse il capo facendo segno verso la direzione in cui erano destinati ad andare.
Nath si levò di scatto, esultante e gli saltò in groppa non riuscendo a trattenersi. Caddero sulla neve e si rotolarono per qualche metro, ora l’orsa gli stava sopra. Gli diede due zampate leggere sul muso prima di vedere che la madre li fissava con sguardo di rimprovero per il loro comportamento, a venti centimetri di distanza. La figlia si ricompose subito e si avvicinò alla capo branco, lui si rialzò e si avviò dietro di loro. Pareva che per ora avesse trovato una famiglia con cui vivere. Chissà che un giorno quello stesso nucleo non potesse aprire una nuova vita e una nuova famiglia tutta sua con la donna che sognava da tempo?!
In natura anche lui sapeva bene che era raro se non impossibile la convivenza fra orsi polari. Ma forse ci sono sentimenti che, se vissuti, portano un essere vivente a svilupparsi e a evolversi. Chissà che un giorno anche gli orsi non creeranno una loro comunità. Sempre che non si estinguano prima.

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