martedì 2 marzo 2010

GENESI - PAOLO LUCCI (32)

Ho sempre pensato che prima o poi avrei scritto un libro.
In un determinato momento della mia vita ero“quasi”convinto che quella fosse davvero la mia strada. Mai accostare un “quasi” a un’azione perentoria: o se ne è convinti da subito o, con molta probabilità, non lo si sarà mai. L’avrei capito solo molto tempo dopo. L’illusione,purtroppo,è una zavorra che accompagna spesso le persone ambiziose: finché ci convivi riesci a mantenere una rotta costante ma se vuoi spiccare davvero il volo devi liberartene. Concetto semplice ma difficile da far capire a chi riteneva che una ferrea determinazione e una buona dose di creatività fossero l’unica condizione necessaria a poter intraprendere qualsiasi impresa. "L’ineluttabilità delle cose è l’alibi dietro cui nascondiamo i nostri fallimenti”. Ripetevo spesso questa frase autocitandomi: studi filosofici maldigeriti mi avevano lasciato in eredità una stucchevole tendenza a"sentenziare”.E a pensare. Sfortunatamente in quegli anni ero molto più bravo a elaborare teorie piuttosto che a metterle in pratica. Peccato: se avessi analizzato a fondo la situazione avrei evitato a me stesso un bel po’ di passi falsi. La frustrazione non era la compagna ideale per un adolescente immerso nel suo mondo:e il mio mondo in quei mesi era costituito dalla pessima imitazione di una mont blanc luxury e da una infinita risma di fogli bianchi. Il più delle volte immacolati;oppure accartocciati in ordine sparso sul pavimento alla ricerca di un’ambientazione consona e stimolante. Negli angusti tredici metri quadrati di cameretta immaginavo storie dalle trame accattivanti:scenari mozzafiato e situazioni artificiali frutto di una fervida fantasia che credevo insita nel mio bagaglio genetico ma che in realtà non mi appartiene affatto. La credevo innata e quasi dovuta, osmosicamente trasmessa dal contatto quotidiano con una stirpe di artisti potenziali senza coscienza delle loro virtù:la famiglia di mia madre,lei stessa. Tutto in loro aveva un qualcosa di artistico e melodioso:la musicalità delle loro interminabili conversazioni sui più disparati temi della vita,la sensuale plasticità di corpi diversi nel sesso ma fin troppo simili negli atteggiamenti, la lirica armonia delle loro azioni. Si cercavano, si riunivano periodicamente,si desideravano. Spesso comunicavano restando perfettamente in silenzio con interminabili teorie di gesti delicati alternati a sguardi truci e sospiri più o meno accentuati:sembravano decodificare un codice di comunicazione a loro famigliare ma ignoto a tutto il resto del mondo.”Riscaldiamo il freddo ed illuminiamo il buio”con questo semplice ossimoro riuscivano a confondere ancor più le idee ad un bimbo che era ancora troppo piccolo per comprendere a pieno la meraviglia visionaria di quelle parole. L’elitaria peculiarità del loro essere specificatamente uguali solo e soltanto a loro stessi ne faceva una tribù chiusa cui nessun’altro,se non discendente in linea diretta all’interno del loro albero genealogico,poteva accedere. In virtù di questo io potevo:mio zio Federico,paroliere dilettante e geniale cantore di piccoli racconti in rima,e i suoi talenti eletti a mio personale modello adolescenziale,mi spinsero definitivamente verso quello che credevo fosse il naturale sbocco creativo della mia esistenza. Forte di ciò,e sopravvalutando le mie reali potenzialità, ho violentato parole e verbi,abusato di perifrasi e aggettivi usato indistintamente metafore e similitudini per descrivere scialbe vicende in cui si intersecavano luoghi e contesti piuttosto ripetitivi e personaggi banali con le loro storielle di vita vissuta. Ho iniziato…ho smesso…ho ritentato ancora. Nulla di significativo. A distanza di anni comincio seriamente a pensare di averne abbastanza: ”I’m fed up” direbbero gli inglesi. Poi accade qualcosa proprio quando stai quasi per convincerti che la tua vena artistica non è che si stia esaurendo,semplicemente non è mai sorta. Succede improvvisamente quello che capita ogni dannata volta in cui non puoi far altro che prendere una penna in mano e per quanto tu possa farla scorrere velocemente sul foglio fatichi a controllare lo straripamento di idee e parole che inondano la tua mente;quando domini,irruente e vigoroso,uno strumento musicale a tal punto che le sue vibrazioni sembrano impulsi nervosi che percorrono freneticamente il tuo midollo;o quando prendi un pennello e,liberandoti dal fardello di ogni pensiero,schizzi su una tela la tua essenza:arriva il momento. Lo fai in una stanza con le pareti celesti che pian piano tornano ad apparirti candide. Lo fai sdraiato su un letto con un corpo estraneo accanto al tuo ma che non potrebbe essere più distante da te. Lo fai in una notte troppo simile alle altre per esserne davvero la copia;quando ti assale un enorme senso di vuoto e quando,in quel vuoto enorme,ci stai per cascare dentro. Quando cominci a pensare che la dolcezza di una morte scelta possa essere un premio troppo grande alla tua vile condizione di omunculo sconfitto dalla vita. Succede quando neghi a te stesso che hai un problema. Succede quando fai finta di non capire qual è il tuo problema. Succede quasi sempre per una donna. Succede perché arrivi a un punto della tua vita in cui sembra debba succedere chissàchè poi alla fine non succede mai niente. Succede…Succede….Succede…e allora inizi a scrivere.

4 commenti:

  1. bellissima...complimenti..

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  2. Mai accostare un “quasi” a un’azione perentoria...
    L’illusione, purtroppo, è una zavorra che accompagna spesso le persone ambiziose: finché ci convivi riesci a mantenere una rotta costante ma se vuoi spiccare davvero il volo devi liberartene.
    Studi filosofici maldigeriti mi avevano lasciato in eredità una stucchevole tendenza a"sentenziare” e a pensare.
    Succede quando neghi a te stesso che hai un problema. Succede quando fai finta di non capire qual è il tuo problema. Succede quasi sempre per una donna. Succede perché arrivi a un punto della tua vita in cui sembra debba succedere chissàchè poi alla fine non succede mai niente. Succede…Succede….Succede…e allora inizi a scrivere.

    Paolo lo trovo semplicemente meraviglioso!
    Non so neppure come esprimere il mio stupore e la mia gioia nel leggerti così, così vivo, così grande e ancora immensamente piccolo e fragile delle tue debolezze... coon questo pezzo hai saputo raccontarti, rammaricarti e anche un pò giustificarti... perchè è proprio vero a volte succede, ma a volte come sempre per quanto ci sforziamo non succede niente.

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  3. ..stupendo, veramente...credo che sia arrivato il tuo momento..trasmetti molto quando scrivi..più di quanto tu non creda...e forse questo ti darà modo di far succedere quel "chissàchè" che tanto aspetti..
    - Francesca -

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  4. Paolo credo che tu abbia una dote che devi assolutamente viverla...,non fermarti troppo a pensare.... continua a scrivere... e a scrivere...;complimenti davvero.....!!

    claudia

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