martedì 23 marzo 2010

IL PODERE DEL NONNO A VICOPISANO - ATHE GRACCI (88)

La grande aia del podere del nonno. Il grande albero di fichi,con le grandi fronde che ricoprono il tavolo di legno verde,delle merende e delle cene estive.
La porta di ingresso riparata dal sole torrido dai rami rigogliosi del melograno,la porta della stalla, dove ruminano continuamente i vitelli e le mucche della mia adolescenza contadina.Più in là , a destra, la capanna del carro e dell’aratro antico.
L’orto,recintato da una fitta siepe di canne secche per evitare le galline che,razzolanti libere sciupino il raccolto.Il forno,la catasta di fascine per il fuoco e le pile in mattoni per il bucato,attaccate al pozzo.
Il secchio tentennante,in cima alla carrucola. Gocciolante di acqua perché vecchio e forato.Il campo dei carciofi . Vicino alla casa. Il campo, che durante la guerra aveva conservato,in un coppo sotterrato,le nostre povere ricchezze .Qualche lenzuolo di canapa,un vassoio d’argento,e l’orologio d’oro, (marca longines), di mio marito,regalato da una nonna vecchia e povera alla fine degli studi.
Ora sono qui,invece . La finestra aperta dinanzi alla valle , con gli abeti cresciuti della casa davanti che nascondono tutto e fanno vivere questi ricordi. Sono sola.
Per questo posso scrivere l’emozione del vivere col ricordo del tempo passato.L’ala che durante le notti di quest giorni, insistentemente mi è venuta alla mente,non c’è più. La casa cadente. Intorno,erbacce e statue bianche di gesso senza espressione,e senza un vero motivo,li ammassate,dagli acquirenti giovani del podere abbandonato.
Qualche fotografia mi ricorda il grano messo sull’aia ad asciugare.Qualche fotografia mi ricorda la guerra,le bombe che distrussero la mia casa, mentre su quel tavolo rustico e imbandito di povere cose, in piedi, osservavo gli aerei che lanciavano bombe sulla città che,per puro caso, quel mattino,avevo lasciato.
Forse questi pensieri vengono perche, anche stamani, ho ascoltato la radio e le notizie di guerra. Sono passati tanti anni ed è strano constatare come le miserie degli uomini abbiano sempre lo stesso aspetto.Carretti carichi di povere masserizie per le strade sterrate e polverose che sembravano senza meta.
Visi stravolti dal terrore e dalla sofferenza che una guerra sempre porta dietro.
E nessuno capisce che le ferite dell’anima difficilmente saranno guarite
Dico questo pensando alle mie. Saper vivere,infatti. È solo per colui che possiede ancora la speranza del futuro. Scoprireda solo il segreto dell’ignoto,e l’importanza di non morire. Il tempobelloè un pregiudiziodella giovinezza.Per il vecchio,il tempo non sarebbe ne bello ne cattivo. Il tempo,la cui trama sembra essere senza prezzo,sia essa penetrata di luce e di tenebre.
2
Ogni pensiero è prezioso.Ogni volto scomparso,che la nostra memorio ci proietta,basterebbe a rendercela cara. Ogni ricordo di essere tempo di uomini,il nostro tempo,quello che il destino ci ha permesso di vivere ,è scritto.
IL bel tempo,a cui affido parte del mio presente,mi incanta anche se la pioggia dovesse oscurare questo paesaggio pieno di sole. Sono in questo borge dove ritorno ogni anno,da tanti anni. Ritrovo le stesse persone,convincendomi cosi che la serenità sta nella convinzione stessa di essere sereni. Il mio massimo bene,cos’è dunque?
Andare da Jambo,parlare frettolosamente della vita in città,saper dire o saper far capire che, giunta al termine del mio viaggio,ho finalmente comprese i limiti realizzando il massimo bene senza chiedere nulla.
Perché,oltre al tutto che si è vissuto,non c’è nulla,nulla come al di là della fine.
Cosa chiedere ormai,quando hai lavorato,realizzato e cresciuto chi aveva bisogno di te? Errore è dunque quando nell’intimo della riflessione mi chiedo a cos’altro aspiri nella vita; alla virtù,forse.
Niente altro che la virtù di capire gli altri. La virtù ha in se stessa il suo premio.Come trovare la fermezza inflessibile, la ragionevolezza . la libertà? Nella crescita della mia esistenza ho cercato sempre il bene dell’uomo.Ma osservano in molti,essere questa la mia illusione ed il mio più grande errore. Essere onesto,credere negli altri,e trovare spesso arroganza,eccessiva stima di se stesso,superbia.
Un’immagine scritta di ciò che passa nel segreto del mio essere.
Ascolto le voci che vengono dai boschi vicini,Sono voci note,che gli anni non hanno trasformato, Voci mescolate alle vibrazioni delle foglie che il vento muove, come negli anni in cui salii le prime volte su queste montagne.Immobile sono su questo prato,in questa ora dal calore inumano. Non so quale remoto ricordo si confonde in me. L’aia che non c’è più,i vecchi nonni che l’avevano costruita,la campagna ordinata e le viti gonfie di uva per la festa della vendemmia ove tutti i contadini vicini venivano ad aiutare. Il mondo è cambiatoe si cerca la solidarietà nelle associazioni che pochi organizzano. Il rettilineo che porta a Vicopisano è sempre con i soliti tigli che hanno visto soldati tedeschi e quelli americani.
Aia dei miei sogni dove le galline beccavano il granturco della massaia e dove io,quasi cittadina,andavo per ritrovare le radici dei miei antenati. Il grembiule celeste,il fazzoletto nero in testa,e le ciabatte polverose. Il cappello del nonno,la balla di iuta nel corridoio per riposare nelle ore di estrema calura.Oggi penso a questo. Qui sulla terrazza assolata di jambo,ritrovo questo sogno. Semplice e rustica la sua casa di montagna, dove sembra essersi fermato il tempo di questo duemila
Dimentico cosi, i presagi .Vivo del presente e mi dico felice. Avere vissuto. Avere comunque punti di riferimento. Avere dove andare se l’angoscia prende, come prende in questo periodo di vita. Tutti i volti, tutte le vite, non sono sola. Sono stata giovane alla vigilia della guerra, ho vissuto l’armistizio in una specie di terrore, ho costruito una famiglia. Sono sola, ora .Ed è per questo che è sorta l’idea di risuscitare il mondo di altri tempi, e confrontarlo. Non ho più l’aia con l’albero ombroso. Non ho più quella casa aperta nella campagna di Vicopisano.Una casa che non riconosco più e che pure suscita sussulti a vederla. Non ho più l’argine del fosso dove passeggiare. Per questo ho messo in questo borgo di montagna, le radici della mia vita presente, per
ritrovare in questi personaggi semplicemente naturali un modo di vivere oggi, ormai dimenticato.

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