mercoledì 7 aprile 2010

LARA E SARA - MANOLA VAGELLI (56)

Ci eravamo conosciute all’Università, frequentavamo lo stesso corso ma non ci eravamo mai viste fino a quell’incontro, anzi a quello scontro nel corridoio fatto ad elle dell’ateneo.
Il primo istinto di rabbia si dissolse presto in un sorriso e poi in un attacco di risa.
Cominciammo a parlare e scoprimmo di avere tanto in comune: eravamo nate lo stesso giorno mese e anno, amavamo viaggiare in treno, visitare luoghi sempre nuovi e insieme ne scoprimmo altri.
Partivamo col treno, con lo zaino in spalla, a volte col biglietto, a volte senza e spesso era capitato di dover scendere precipitosamente per l’arrivo del controllore
ma subito saltavamo su un altro in partenza.
Erano quasi sempre treni locali per non rischiare di finire troppo lontano.
Visitavamo città ma anche periferie e campi e boschi e prati dove Lara cercava e trovava erbe buone da mangiare cotte o crude che mi obbligava ad assaggiare ridendo delle mie boccacce.
Ne conosceva una gran varietà e con alcune faceva anche dei profumi naturali, come li chiamava lei, usando erba cedrina, menta, timo, così naturali che spesso sapeva di erba (direi anche un po’ marcia) ma lei non se ne curava e soleva dire:- Meglio sapere di erba che fumarla!-
Mi insegnò come toccare l’ortica senza pungermi e come erano buoni i fiori di acacia fritti e gli involtini di borragine e come il vento racconta storie fantastiche a chi le sa ascoltare facendo stormire le foglie degli alberi o muovendo le onde del mare.
Con lei tutto era una scoperta e aveva insegnato anche a me a guardare il mondo senza gli occhi o meglio a vederlo anche attraverso gli altri sensi.
Quando non eravamo impegnate con gli studi, le nostre scorribande mi avevano fatto capire come è facile sbagliarsi nel giudicare senza ragionare.
Per lei c’era sempre un perché, logico o meno logico ai nostri occhi ma sempre un perché.
Ho preso un treno oggi, sono senza biglietto e so che pagherò una multa ma non fa niente: guardo il paesaggio che scorre veloce al contrario, mescolando terra e case, alberi e monti e ancora non trovo un perché, né poco né molto logico a ciò che è successo.
-Guarda, un uccellino morto!- corre e si china sulla bestiola stesa in mezzo alla strada – Guarda Sara, deve aver sbattuto contro una macchina, è ancora caldo, guarda, è un luino, vieni a vedere…-
E’ passato un momento o una eternità ma ora lei non c’è più, improvvisamente Lara non è più con me anche se la tengo tra le braccia.
La macchina ha fatto con lei come un’altra aveva fatto con il piccolo uccellino e poi è ripartita, scappata via, sgommando sull’asfalto, lasciandomi lì, tremante, urlante e impotente.
Le bacio la fronte ancora calda e il sapore del suo sangue si mischia, nella mia bocca, con quello dell’asfalto della strada.
-Qual è il motivo, logico o meno logico, di tutto ciò?- continuo a chiedermi.
Il treno mi fa sobbalzare.
Vorrei piangere ma non ho più lacrime da versare.
Mi resta solo questo viaggio da fare, ogni mese, nel giorno della tua morte.
Torno là a cercarti, nel sole, a cercare il tuo profumo in mezzo a quel prato dove un giorno, cogliendo dei fiori di tarassaco, con i capelli al vento e senza voltarti mi dicesti:- Penso di essermi innamorata di te…

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